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Negli ultimi anni le Universit\u00e0 americane hanno aumentato in maniera considerevole l’attivit\u00e0 di lobbying nei confronti del Congresso e soprattutto verso il governo arrivando ad aprire uffici dedicati anche a Washington, assumendo al proprio interno lobbisti o facendosi appoggiare da societ\u00e0 di consulenza specializzate. Gli atenei statunitensi si sono resi conto dell’importanza di ingaggiare in maniera proattiva il decisore politico, tenendo conto della necessit\u00e0 di presentare le proprie posizioni e proposte su tutti i temi di interesse. In sostanza anche le Universit\u00e0 operano in un settore altamente regolato e hanno compreso che le decisioni politiche che influiscono su di esse sono destinate ad aumentare sia qualitativamente che quantitativamente.<\/p>\n
In particolare, \u00e8 opportuno notare che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, un’attivit\u00e0 di relazioni istituzionali svolta dalle Universit\u00e0 \u00e8 solo in parte diretta ad accaparrarsi i finanziamenti migliori, o ad azioni dirette ad incidere su riforme universitarie o sul trattamento del personale docente. In realt\u00e0 l’azione di lobbying si concentra anche su altri temi come quelli fiscali, per chiedere esenzioni e deroghe specifiche, si pensi semplicemente a detrazioni fiscali per studenti o per gli immobili, o quelli legati a politiche di welfare per gli studenti. Si tratta evidentemente di questioni che possono avere grande impatto sia sul conto economico, sia sulla qualit\u00e0 dell’insegnamento ed infine sull’attrattivit\u00e0 dell’Universit\u00e0 stessa.<\/p>\n
Navigando sui siti Internet di prestigiosi atenei si nota che \u00e8 effettivamente prevista una pagina dedicata all’attivit\u00e0 di Government relations in cui sono specificate le regole sul Federal lobbying e le prescrizioni a cui \u00e8 necessario attenersi, ad esempio la redazione di report che rendano trasparente l’attivit\u00e0 svolta, nei confronti di chi e per quale ammontare. Inoltre le Universit\u00e0 sottolineano chiaramente la differenziazione esistente tra l’attivit\u00e0 di lobbying da loro svolta e la ricerca accademica. Se da un lato l’attivit\u00e0 di lobbying \u00e8 diretta ad influenzare specificatamente l’adozione di una normativa in linea con gli interessi e gli obiettivi dell’Universit\u00e0, dall’altro la normale attivit\u00e0 di ricerca accademica, in cui vengono prese posizioni sui temi pi\u00f9 svariati non va confusa con la precedente e rappresenta la posizione degli accademici sul tema, ma non punta a cambiare, almeno in maniera diretta, la legislazione su quel tema specifico.<\/p>\n
Le cifre in gioco sono ingenti, secondo alcuni dati raccolti da Opensecrets del Centre for Responsive Politics, una delle principali ONG dirette a monitorare e tracciare i finanziamenti alla politica nell’attivit\u00e0 di lobbying, le maggiori facolt\u00e0 americane, tra cui, solo per citarne alcune, Harvard, University of California, Texas University e New York University nel biennio 2013 – 2014 hanno tutte speso cifre superiori al milione di dollari e sono state spesso ricompensate con l’accesso ad importanti finanziamenti. Detto ci\u00f2 sarebbe tuttavia sbagliato sostenere che le Universit\u00e0 che hanno vinto i grant pi\u00f9 consistenti non li meritassero. Semplicemente, chi ha maggiori contatti con l’amministrazione ha maggiore visibilit\u00e0 e pu\u00f2 operare con maggiore tempismo, rispetto a chi ha un atteggiamento solo reattivo.<\/p>\n
In Europa il ruolo delle Universit\u00e0 nell’interazione con il mondo politico non sembra essere paragonabile al modello statunitense. Gli Atenei iscritti al registro della trasparenza di Brussels, che include tutti i portatori di interesse accreditati presso le Istituzioni comunitarie, sono ancora molto pochi a dimostrazione del fatto che in Europa non si \u00e8 ancora compresa fino in fondo l’importanza di rapportarsi ai decisori.<\/p>\n
Tuttavia anche nel nostro continente qualcosa sta cambiando. La stampa britannica ha dato ampio risalto alla missione di vero e proprio lobbying effettuata da 50 Universit\u00e0 inglesi a Brussels svoltasi ad aprile del 2015 e diretta a contrastare il trasferimento dei fondi alla ricerca universitaria di Horizon 2020 ad altri programmi comunitari. I rettori si sono recati in Belgio, alla stregua di un qualsiasi altro lobbista, per presentare in maniera trasparente alle Istituzioni posizioni e proposte. \u00c8 evidente che tale rapporto con Brussels \u00e8 destinato a crescere ed a consolidarsi anche negli anni futuri. Infine in Italia siamo all’anno zero, sembra che le Universit\u00e0 agiscano solo tramite la Conferenza dei Rettori, organo che potrebbe presentare forti criticit\u00e0 dal momento che si fa fatica a comprendere come sia possibile fare una sintesi ed adottare una posizione comune di fronte al decisore, considerando le profonde differenze e gli interessi ed obiettivi diversi tra le varie Universit\u00e0. Probabilmente ad alcune Universit\u00e0, ed evidentemente alle migliori, converrebbe agire in proprio per quanto riguarda l’attivit\u00e0 di relazioni istituzionali.<\/p>\n
(Articolo tratto da huffingtonpost.it)<\/p>\n
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