Migranti, Sanasi D’Arpe: «Accoglienza sì, ma adeguata»

Sono oltre 100 mila i migranti sbarcati in Italia da gennaio 2017 ed è la mancanza di cibo la causa principale che spinge un popolo ad abbandonare la propria terra. È quanto emerso dal rapporto del World Food Programme At the root of Exodus: food security, conict and international migration che sottolinea come ogni punto percentuale di aumento di insicurezza alimentare costringa l’1,9% della popolazione a migrare, a cui si aggiunge un ulteriore 0,4% per ogni anno di guerra.

«SERVE UNA STRATEGIA DI MEDIO-LUNGO TERMINE». «Stiamo parlando di un’emergenza che non ha soluzioni immediate ma bisogna lavorare a una strategia di medio-lungo termine anche attraverso accordi con i Paesi di partenza per limitare il usso migratorio», spiega a L43 Vincenzo Sanasi d’Arpe, presidente del World Food Programme Italia. «L’intervento della comunità internazionale può essere molto effciente agendo sul posto, agevolando l’apertura di hotspot e di centri per l’identificazione già nei Paesi di origine, nel rispetto dei diritti umani».

Migranti, Sanasi D’Arpe: «Accoglienza sì, ma adeguata».

Per il presidente del World Food Programme Italia la parola chiave è
«accoglienza». A patto che ci siano «le condizioni per evitare un sovraccarico delle infrastrutture pubbliche e dei servizi». Senza dimenticare l’impegno dell’Ue.

DOMANDA. Di cosa si occupa precisamente il Wfp?
RISPOSTA. Lo scopo dei programmi del Wfp è dare sostegno alimentare a tutti i Paesi colpiti da calamità naturali, situazioni di conflitto e carestie. Intendiamo creare un circuito virtuoso volto a sensibilizzare sempre di più le istituzioni, i privati, le aziende e il settore pubblico, perché è anche attraverso il loro contributo che le operazioni del Wfp sono possibili. Per questo il Wfp si batte per ‘Sfida Fame Zero’, lanciata dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, con il fine di coinvolgere le istituzioni e la comunità internazionale nel suo insieme per scongiggere la fame nel mondo, attraverso l’impegno collettivo. È quindi opportuno che l’accesso al cibo e la nutrizione siano al centro dell’agenda di sviluppo della comunità internazionale, proprio per contrastare l’incremento dei flussi migratori.
D. Quali sono le stime attuali riguardo a questi flussi?
R. Il fenomeno delle migrazioni internazionali in questi ultimi anni ha raggiunto numeri senza precedenti: le stime delle Nazioni Unite confermano che nel 2015 i migranti sono stati 244 milioni e che il numero di rifugiati, sfollati e richiedenti asilo ha toccato il record di 65,3 milioni.
D. In termini numerici che risultati avete ottenuto con i vostri programmi?
R. Solo nel 2016, il Wfp ha fornito assistenza alimentare a 80 milioni di persone in 82 Paesi del mondo ma ha anche lavorato per istituire programmi di sviluppo, garantendo assistenza e formazione, in termini di lavoro e scolarizzazione, alle popolazioni maggiormente in difficoltà.
D. Dove siete maggiormente presenti?
R. Da fine settembre a Sabrata in Libia occidentale, oltre 15 mila persone si sono spostate nelle zone limitrofe a causa degli scontri tra gruppi armati. E il Wfp in questo periodo di maggiore conflitto ha iniziato a fornire assistenza alimentare alle 300 famiglie sfollate, garantendo cibonecessario per la sopravvivenza. Allo stesso modo siamo presenti in Siria, in Yemen e in tutte quelle realtà in cui vengono a mancare gli aiuti umanitari.
D. Quali difficoltà incontrano i migranti che arrivano in un nuovo Paese?
R. Da uno studio presentato nel rapporto Wfp, è emerso che la mancanza di assistenza alle
popolazioni locali alimenta ostilità nei confronti dei rifugiati, con un evidente peggioramento delle disfunzioni nei servizi di sostegno. Questo studio ha evidenziato la necessità di interventi da parte dei governi ospitanti anche a beneficio delle comunità locali del Medio Oriente e dell’Africa, dove si sono trasferiti migliaia di profughi.
D. Quindi l’immigrazione può essere vista anche come un’opportunità?
R. Sì, la parola chiave è accoglienza ma ci devono essere anche le condizioni per evitare un
sovraccarico delle infrastrutture pubbliche e dei servizi.
D. Cosa può fare la comunità internazionale per gestire il fenomeno migratorio?
R. Stiamo parlando di un’emergenza che non ha soluzioni immediate ma bisogna lavorare a una strategia di medio-lungo termine anche attraverso accordi con i Paesi di partenza per limitare il flusso migratorio. L’intervento della comunità internazionale può essere molto efficiente agendo sul posto, agevolando l’apertura di hotspot e di centri per l’identificazione già nei Paesi di origine, nel rispetto dei loro diritti umani.
D. E invece per l’Italia quali possono essere le soluzioni?
R. Per l’Italia è necessario raggiungere un’intesa a livello comunitario, affinché anche gli altri Stati dell’Unione siano partecipi nella ridistribuzione dei migranti così da favorire una adeguata accoglienza in strutture idonee e non sovraffollate.